Rimani qui

da Darwin, AUSTRALIA       Rimanere, un verbo che forse contrasta con viaggiare. Forse, perché è proprio solo viaggiando che si incontra la gente del posto, quella che rimane. Quella che di mestiere è sulla riva del fiume e tu fai parte della corrente. Tu passi e vai. Vai proprio via per migliaia di chilometri e loro rimangono a terra. Il barista del caffè di stamattina, la poliziotta col cane antidroga, lo scaricatore dei bagagli, l’impiegata al check-in. Incontri di pochi minuti, difficilmente ripetibili, facilmente trascurabili. Tu per loro sei lavoro, loro per te sono viaggio. Cosa rimane? Cosa rimane in te di loro, cosa rimane in loro di te? Rimani con noi, dicevano al tramonto quei due a cena con Gesù, ignari che fosse lui. Un calore li aveva riempiti e volevano fermare il tramonto. Sei rimasto a terra, mi diceva ieri sera questo sole, uscendo dall’aeroporto di Darwin. E intanto, tra i turisti e i taxi, mi passava davanti una famiglia aborigena e sono rimasto a guardarli pieno di emozione. Pare che proprio da Timor l’Homo Sapiens entrò in Australia e vi rimase.

Gv 15,1-8       Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Domani pomeriggio avrò l’ultimo volo che mi porterà a Dili capitale di Timor Est