Annunciazione

Svegliarsi al mattino sapendo per chi si andrà a faticare al lavoro. Restare insonni sapendone il motivo. Urlare di rabbia motivata e piangere per una causa fondata. In questo mondo di sapientoni improvvisati, di esperti da discount, abbiamo assolutamente bisogno di un maestro da ascoltare, di una traccia da seguire. Ecco la festa di oggi, l’annuncio che esiste, che è possibile, seguire qualcuno che ne valga la pena, che non ti deluda. Tu Maria avrai un bambino. Noi avremo un maestro da seguire.

COMUNICAZIONE IMPORTANTE Purtroppo, nonostante non siano mancante persone generose, dobbiamo annunciare che le casse della Onlus “Buono Dentro Buono Fuori” che mi sostiene nell’attività d’aiuto a Timor Est, sono ormai vicine all’esaurimento. La preoccupazione è forte, perché sono tanti gli studenti che confidano nel nostro aiuto e che, in caso di interruzione, sarebbero costretti a rinunciare agli studi. Lo stesso dicasi per chi riceve aiuti alimentari. Ogni singolo euro è prezioso. Se potete “aiutarci ad aiutare” vi ringraziamo nel nome dei bisognosi. Se non potete, diffondete questa richiesta e sentitevi ringraziati ugualmente. Contate sempre sulla nostra amicizia e sulla preghiera nostra e di chi aiutiamo. https://lalocandadellaparola.com/bdbf-onlus/

Annunciazione del Signore Lc 1,26-38 L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Quasi nascosto

È vero e capitò anche a lui, a Gesù: non tutto si può fare apertamente. Vi sono cose che vanno fatte quasi di nascosto. Intuizioni profonde che, divulgate in pubblico, perderebbero forza dileguandosi in pettegolezzi e commenti. Elemosine che, rese note, si tramuterebbero in causa d’orgoglio. Dialoghi a due che devono restare tali e non possono essere raccontati a terzi. Non si tratta di giocare ai segreti o addirittura di mentire. Menzogna è tacere una verità che l’altro ha diritto di conoscere. Se non ne ha diritto, non è obbligatorio raccontare tutto a tutti. Quel silenzio, quell’agire quasi di nascosto, è custodire nel cuore, virtù mariana ormai rara quanto la fede.

COMUNICAZIONE IMPORTANTE Purtroppo, nonostante non siano mancante persone generose, dobbiamo annunciare che le casse della Onlus “Buono Dentro Buono Fuori” che mi sostiene nell’attività d’aiuto a Timor Est, sono ormai vicine all’esaurimento. La preoccupazione è forte, perché sono tanti gli studenti che confidano nel nostro aiuto e che, in caso di interruzione, sarebbero costretti a rinunciare agli studi. Lo stesso dicasi per chi riceve aiuti alimentari. Ogni singolo euro è prezioso. Se potete “aiutarci ad aiutare” vi ringraziamo nel nome dei bisognosi. Se non potete, diffondete questa richiesta e sentitevi ringraziati ugualmente. Contate sempre sulla nostra amicizia e sulla preghiera nostra e di chi aiutiamo. https://lalocandadellaparola.com/bdbf-onlus/

Gv 7 Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Per un momento

Solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla luce di Giovanni. Poi più nulla. Poi è stato come nulla fosse. Solo per un momento sentiamo il cuore scaldarsi, intuire la scelta da compiere, le cose che dobbiamo cambiare. Siamo quelli dei molti lamenti e di altrettanti propositi: devo assolutamente rallentare i ritmi, trovare più tempo per i figli, per il coniuge, per Dio. Devo fare questo e quello, aiutare i poveri e imparare a pregare. Solo per un momento restiamo fermamente convinti. Le opere che stiamo facendo testimoniano però che quel momento era solo un momento. Non abbiamo saputo raccogliere l’intuizione spirituale e, come un sogno al risveglio, si è dissolta. Forse per questo non abbiamo in noi l’amore di Dio. Vorremmo averlo, forse lo assaporiamo solo per un momento. Poi se ne va.

Gv 5,31-47 Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

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Anche ora

Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco. È la risposta di Gesù a quelli che gli contestavano d’aver operato una guarigione in giorno vietato, di sabato. Contestazione dello stesso paralitico che, l’abbiamo visto ieri, è il primo a spifferare tutto. Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco. Una risposta di una linearità unica. Dio agisce costantemente, sette giorni su sette, direbbe il libro della Genesi. La creazione è costante, anche ora. Allora, qualunque sia il nostro stato, che siamo tristi o allegri, dubbiosi o sereni, ripetiamoci come un mantra: il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco, anche io opero misericordia. Ora.

Gv 5,15-30 Quell’uomo (guarito alla piscina di Betzatà) se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Ma Gesù disse loro: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.
Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati.
Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

Àlzati e cammina

Erano due le grandi vasche d’acqua di Gerusalemme. Una l’abbiamo incontrata domenica: la piscina di Siloe con il nostro cieco nato che un sabato, senza implorare la guarigione, si ritrova ad essere un segno vivente della luce creatrice che è Gesù stesso. L’altra vasca è quella di oggi, Betzatà, con questo anonimo paralitico lagnoso che non fa altro che raccontare i suoi mali e si indispettisce pure d’essere stato guarito. Non ha più motivo per chiedere elemosina: ora gli toccherà sgobbare. Il cieco nato fu il primo ad essere cacciato fuori dalla sinagoga, scomunicato per aver riconosciuto Gesù come il Cristo profeta. Questo è il primo che va a denunciare Gesù ai giudei che lo perseguitano perché compie guarigioni di sabato. Non basta dunque l’acqua, non basta il battesimo, non basta nemmeno essere miracolati da Gesù. Occorre essere persone che camminano davvero, non che si limitano a dire quanto sarebbe bello farlo.

Gv 5,1-17 Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Giuseppe

Oggi la Chiesa celebra Giuseppe di Nazareth proponendo di leggere a scelta due vangeli. Noi li confronteremo, perché svelano due verità importanti. Matteo apre il suo Vangelo con la genealogia di Gesù. Una serie di generò, generò, generò che si interrompe però proprio a Giuseppe. Non potendo scrivere che Giuseppe generò Gesù, con finezza Matteo scrive Giuseppe lo sposo di Maria dalla quale è nato Gesù, generato dallo Spirito. Verissimo. Diversamente avrebbe mentito. Ma la vita di tutti i giorni come era tra quei due, tra Maria e Giuseppe? Maria come trattava Giuseppe? Come lo presentava a Gesù? Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo, dice Maria al figlio dodicenne. Usa il plurale: ti cercavamo angosciati. Insieme, alla pari, con gli stessi sentimenti. E poi un tocco di finezza, pari all’amore che provava per quell’uomo, l’unico della sua vita, l’unico che l’aveva saputa capire: tuo padre ed io, dice. Non io e tuo padre. Lo amava. È indubbio. Non lo svalutava mai agli occhi del figlio.

Mt 1 Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo

Lc 2,41-51 I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso

Il cieco nato

Siamo tutti ciechi, nati con un’innata incapacità di vedere il bene da compiere, il male da evitare. Ci devono essere creati di nuovo gli occhi, con lo stesso gesto di Dio nella genesi, quando fece un uomo di fango e lo animò soffiando Spirito in lui. Gesù fece del fango e gli creò gli occhi. Lo stesso avvenga a noi, con gli occhi della vista interiore.

Gv 9,1-41 Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

C’è ancora qualcuno

Alcuni avevano l’intima presunzione di essere giusti. Che bei tempi! Adesso invece quest’intima presunzione è molto diffusa, non è più solo di alcuni. Forse potremmo dire che dilaga fino a comprendere tutti. Persino il bimbo di prima elementare guarda la maestra dall’alto in basso, pronto a darle lezioni. Perché non è solo questione di non sapere più chiedere scusa a Dio e al prossimo. È anche un problema di evoluzione. Chi infatti si sente sempre nel giusto, non crede di aver nulla da imparare. Presumendo di essere completo, smette di cercare. Una società di presuntuosi è una società di ignoranti. È la nostra società. Fortuna che in qualche angolo della terra c’è qualcuno che sa ancora inginocchiarsi.

Lc 18,9-14 Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Quale?

Era già tutto scritto nella Bibbia, quella che noi chiamiamo antico testamento. Ama il tuo prossimo come te stesso è scritto nel libro del Levitico (19,18). È scritto tra molti altri precetti, per questo quello scriba chiese a Gesù qual è il primo dei comandamenti. La grandezza del Maestro fu proprio quella di focalizzare i due comandi dell’amore, senza i quali tutti gli altri perdono senso. Chissà anche a noi quante parole di Gesù sfuggono, avvolte nella nebbia di ricordi fumosi, di belle parole sentite ma chissà dove, di propositi giusti mai attuati, di desiderio di approfondire sempre messo nel cassetto. Qual è la pagina di Vangelo che segna la tua direzione, almeno in questo periodo? Quale il versetto che è divenuto il tuo motto? Attraverso quale vangelo guardi la vita?

Mc 12,28-34 Si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Muto

Diavolo vuol dire divisore. Come tutti i professionisti seri, questo angelo malvagio conosce bene la sua arma. La divisione è infatti strumento efficacissimo e letale. Divide et impera, crea divisione tra i tuoi nemici e li comanderai, dicevano i romani, maestri di guerra ma pure di corruzione, favoritismi e calunnie, lievito delle divisioni. Viceversa, sarà difficile scalfire la compattezza di ogni avversario. Gesù fa notare tutto ciò a chi sostiene che lui scacci i demoni con l’aiuto del capo dei demoni. Il divisore non si divide mai. E noi invece? Noi che seguiamo il re dell’unità, colui che è uno-con-Dio, noi poniamo attenzione a non dividerci da lui e tra noi? Chi non è con me è contro di me. Come l’aria fredda, è nelle fessure che si insinua il male. Basta un lieve manifesto disaccordo e il gioco è fatto. “Prof meno male che c’è lei perché gli altri sono noiosi…”, ci prova il tentatore, sonda il terreno in cerca di crepe. “Eh sì, ti piace così tanto ascoltarmi che in due secondi il banco diventa per te un cuscino”, rispondiamo sorridendo. E il demone torna muto.

Lc 11,14-23 Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».