
Questa idea che vada curato per primo chi è messo peggio ci va bene, purché si riconosca che chi è messo peggio siamo noi. Se invece ci danno solo il “codice giallo”, iniziano le lamentele. Gesù non fece che dire questo, quel giorno: Dio cura i più malati. A chi è meno malato, Dio chiede di dargli una mano. Il popolo di Israele era stato eletto proprio come aiuto scelto del Signore. Eppure non tollerava la sola idea che le genti esterne fossero anch’esse salvate e, magari, salvate per prime. Però, a pensarci bene, non è male essere chiamati a collaborare in prima persona con la Provvidenza di Dio. È bello essere inviati da lui a portare aiuto e conforto a chi nemmeno lo conosce. Insomma, dovrebbe darci una certa carica essere investiti di tanta responsabilità. A proposito di responsabilità, ricordiamo oggi 10 anni di pontificato di Francesco.
Lc 4,24-30 Gesù cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.