
Difficile, addirittura impossibile secondo Gesù, tenere insieme le due mentalità: quella che viene dalla religiosità e quella che viene dal vangelo. La prima è fondata sulla rinuncia, sul digiuno, sul sacrificio personale onde essere graditi a Dio. La seconda mentalità, la via del vangelo, è fondata sul non fare mai mancare cibo a nessuno e sul ridurre le sofferenze dell’umanità. Digiunare sì, ma per imparare l’indipendenza da cibi e cose. Chi non è capace di mangiare di meno infatti, raramente darà metà del suo piatto all’affamato. L’azione del digiunare è di per sé identica, ma il suo scopo è opposto. Un conto è digiunare per sentirsi in regola con Dio o con l’ecosistema, un altro è saper rinunciare per donare agli altri. C’è poi chi se ne infischia in toto e nemmeno sa più cosa significhi digiuno. Costoro vivono come se Dio e gli altri non ci fossero affatto. Purtroppo però, pur mangiando senza alcun tipo di problema di coscienza, si ritrovano a vivere una vita vuota e insipida. Non sono rivestiti né di stoffa vecchia né di nuova. Completamente nudi, affrontano la vita credendosi ben equipaggiati ma sono soli e sperduti, senza religione antica né vangelo nuovo.
Mc 2,18-22 In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».