
È il seguito del testo di ieri, e pure dello stesso argomento: rispetto scrupoloso della regola religiosa o amore per quel Dio che questa regola vuole servire? La regole religiose infatti non sono mai fini a se stesse. Esse servono, come gli ingranaggi di un orologio, a non perdere il ritmo di una vita scandita in Dio, a non dimenticare di dedicare tempo a lui e al prossimo. Succede spesso, ahimè, di confondere questi strumenti con il fine che vogliono raggiungere. Succede cioè di dare loro un valore assoluto, che invece va riservato a Dio solo: il Figlio dell’uomo è Signore del sabato, è sopra la regola, e non servo. Vi sono poi quelli che di regole non ne hanno per nulla, né laiche né religiose. Fanno o disfano semplicemente in base a ciò che “si sentono”, senza alcun limite o obbligo. Essi sono ancora più sfortunati di quelli schiavi della rigidità legalista religiosa. Per questi infatti si può sempre sperare che l’esperienza di vita allenti ed elasticizzi la loro mentalità, facendoli passare dall’antico al nuovo testamento. Quelli invece, per scoprire l’utilità di disciplinarsi con limiti ed obblighi, avranno bisogno tanto di quel tempo che solo in tarda età la riconosceranno. Forse.
Mc 2,23-28 Di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe.
I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!».
E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».