
Ci vogliono coraggio e devozione a sacrificare a Dio i frutti migliori e gli animali più belli. Ma è anche vero che si tratta del miglior Dio mai conosciuto. Ancora più forza occorre ad offrire un boccone a chi dio non è affatto e forse nemmeno uomo degno. Ci vogliono energie, pazienza, autocontrollo, autoironia e molta, molta convinzione interiore per stare ore e ore a tavola con gente diversa. Diverse le loro abitudini, diversa la loro morale, diverso persino il sapore del loro cibo e la musica delle loro danze. Velate di ironia pungente le loro domande, piene di doppi sensi le loro battute, provocanti e ambigui i loro sguardi. Questi erano quelli che Gesù frequentava. Faceva fatica, ma stava con loro. Non era rilassante e ne usciva stremato come un medico dalla corsia, come un insegnante dall’aula. Mangia con loro perché ne condivide le scelte, dicevano quelli che non capivano. Mangio con loro perché provino un altro sapore, rispondeva. E a quelli diceva: Seguimi.
San Matteo Apostolo ed evangelista Mt 9,9-13 Mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».