
Avevamo già incontrato questo vangelo lo scorso luglio, quando vi scrivevo da Timor Est (vedi sotto). Faceva male, laggiù, sentirsi dire che la vita non dipende da ciò che si possiede. Eccome se dipende! Senza soldi non si campano i figli e non si curano i propri vecchi. Ma Gesù questo lo sapeva meglio di me, a cui nulla è mai mancato. Queste parole Gesù non le pronunciò per chi gli chiedeva pane, ma per chi gli chiedeva giustizia contro il fratello per questioni di eredità. Non sono giudice di queste cose, rispose, la mia legge non regola la vostra bramosia. L’abbiamo udito ieri: la giustizia di Dio è l’amore. Giusto è solo chi ama. Ricco davanti a Dio è chi spartisce l’eredità col fratello. Un’eredità fatta di tutto ciò che la vita ci ha messo tra le mani e nel cuore. Quello che possiedo, dunque, di chi è? Con chi lo spartisco?
Lc 12,13-21 Uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».