Ora

Davanti a pagine come questa non c’è che esclamare: il cristianesimo non è una religione! Non è un sistema chiuso di credenze da ritenere vere senza discussione. Gesù semmai ha dato luogo a un Big bang, a un inizio, una nascita, un’onda che continua a diffondersi e noi ci siamo immersi. Siamo nello Spirito, che continua a diffondere, ampliare e approfondire il messaggio di Gesù. Lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Non è questione dunque di ammodernare la Chiesa o di aggiornarla come una app del cellulare. È ben di più: è questione di comprendere sempre meglio e sempre più a fondo il messaggio di Gesù. È di più ancora: è capire che non vi è solo un messaggio che Gesù proclamò “in quel tempo”, ma vi è una parola che Gesù proclama adesso, attraverso lo Spirito. Il cristianesimo non è una religione fondata da un santo che giace in una tomba. È un movimento vitale guidato da un risorto, vivo ora, che parla ora, che continua a guidarci. Davanti ai vari temi della vita attuale, non chiediamoci “cosa direbbe Gesù se fosse qui”, ma chiediamoci “cosa dice ora”.

Gv 16,12-15 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

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Meglio se

Vale anche tra noi: a volte è bene se ce ne andiamo. Non si tratta di allontanarsi o abbandonare chi amiamo. Si tratta però di dare spazio e fidarsi: ce la può fare anche senza di me, anche senza che stia così vicino. Ci sono situazioni in cui gli altri necessitano la nostra vicinanza e assistenza continua. Periodi di forte crisi e solitudine personale richiedono un surplus di energia da parte di chi vuole aiutare. Poi viene il tempo del ritorno alla normalità: il gesso è tolto, le stampelle lasciate, occorre dare spazio e ritirarsi dal ruolo di assistenza che le circostanze ci avevano richiesto. È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito. Lo Spirito infatti agisce in ognuno di noi, rendendoci capaci di ritrovare in noi stessi le forze necessarie. Occorre amore per stare vicini a chi soffre. Ne serve altrettanto per riprendere una certa distanza da chi ha sofferto e lasciare che questa sofferenza porti frutti, divenendo maturità.

Gv 16,5-11 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

Cerchiamo

Tutti quelli che dicono di agire in nome di Dio, credono fermamente di essere nel giusto e di rendergli culto. Se dubitassero di sé stessi anche un solo istante, agirebbero con meno presunzione e con più timor di Dio. Gesù lo dice chiaro ai suoi: si può anche uccidere credendo, uccidere perché si crede. Ma è un credere sbagliato. Occorre lo Spirito della verità, lo Spirito di Dio che istruisce il cuore. E la prima cosa da sapere, direbbe Socrate, è proprio saper di non sapere. Noi non sappiamo nulla degli altri e di Dio. Se parliamo o agiamo in suo nome, facciamolo in punta di piedi, con voce tremante, mai con la verità in tasca. Siamo tutti in cammino, tutti cercatori.

Gv 15,26-16,4 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».

Vi dara’ un paraclito

Cosa vuol dire ricevere lo Spirito Santo? Cosa significa essere persone spirituali? Potremmo vivere senza Spirito?

Gv 14,15-21 Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Il mondo

Gesù amava la vita, amava il mondo inteso come umanità: non sono venuto per giudicare il mondo ma per salvarlo. Altre volte ci parla di mondo come mentalità opposta a quella del cielo: voi non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo dandovi un nuovo modo di vivere la vita. Ieri si è presentato alla mia porta un bambino con sua mamma. Domenica scorsa ha fatto la sua prima Comunione. Ai parenti che chiedevano che regalo desiderasse, lui ha chiesto soldi. Ora era lì, davanti a me, con una busta tra le mani: “per gli amici di Timor Est”. Vi assicuro che potrò aiutarne molti, grazie a questo bambino. Eppure chi è più povero di un bambino? Non è dunque questione di età né di condizioni economiche. Vi è chi, pur vivendo nel mondo, ha assunto la mentalità del vangelo. Io vi ho scelti dal mondo.

Gv 15,18-21 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».

Come

Dicevamo ieri che comando, nella Bibbia, è sinonimo di indicazione stradale. La via da seguire per raggiungere la gioia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. “Prof ma esiste una definizione di amore oppure ognuno ha la sua?”, chiede all’improvviso una quattordicenne dal fondo della classe. “C’è un amore vero e un amore sbagliato oppure va sempre bene?”. Amatevi come io ho amato voi. È quel come che fa la differenza tra l’amore secondo me e l’amore secondo Dio. Per questo a noi interessa tutto di Gesù, ogni suo gesto, ogni sua parola, qualsiasi cosa che ci dica di lui e di come lui ha amato, di come ha dato la vita.

Gv 15,12-17 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Direzione

La gioia è non avere regole, non avere comandamenti da osservare. Gioia e regola non stanno insieme. Questa è l’opinione di molti, forse di tutti noi. Eppure, quando il navigatore dell’auto con voce meccanica comanda “alla rotonda prendere la seconda uscita e proseguire per tre chilometri” non rispondiamo irritati con un “faccio quello che voglio!”, ma obbediamo. Di più: spesso pensiamo che senza quelle indicazioni non arriveremmo mai a destinazione. Se fosse lo stesso con i comandamenti di Gesù e del Padre suo? L’antico testamento usa esattamente il termine “indicazione stradale” quando parla dei comandamenti. Le parole di Gesù sono dunque indispensabili per raggiungere la meta della gioia piena nel modo più diretto possibile. “Che strano giro che ti fa fare il navigatore “, ci dice l’amico al nostro fianco. Vero, a volte i percorsi sono inusuali. Si tratta di fidarsi. Si tratta di fede.

Gv 15,9-11 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Legàmi

È dunque questione di rimanere legati, di non andarsene, di non perdersi a vicenda. Le amicizie vanno alimentate con la frequentazione reciproca, con la parola e ogni forma di contatto. Diversamente la relazione appassisce, si secca, muore. Ecco perché siamo diventati una società di depressi e tristi: perché ci siamo costruiti una vita in cui vedere un amico è impossibile. Ecco perché siamo una chiesa ammuffita e fiacca: perché nella nostra giornata non c’è lo spazio sacro consacrato alla preghiera personale. Nemmeno sappiamo più cosa significhi pregare, meditare con il vangelo, fare silenzio e fermarsi. Ecco perché siamo diventati persone ansiose per ogni difficoltà della vita: perché non chiediamo nulla a Dio Padre buono. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.

Gv 15,1-8 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Sotto questo cielo

Vi do la mia pace, non come la dà il mondo. Sì, perché vi è un’enorme differenza. Quante volte, nei decenni scorsi, abbiamo visto i nostri soldati partire per “missioni di pace“? Non erano missioni ONU, col casco azzurro, per allontanare le parti combattenti e creare corridoi umanitari. Andavano armati, andavano con la loro uniforme, andavano a sparare per uccidere i nemici dei nostri alleati. Erano missioni di guerra ma le chiamavano missioni di pace, perché dire guerra faceva paura. Dal febbraio ’22 questa paura iniziò a scemare. Iniziammo a sentire parlare di armi per la guerra, di guerra giusta, di guerra per la pace. Chi non ci credeva era fuori dai giochi. Gli eroi non erano più Papa Francesco né Gandhi né Madre Teresa, ma i militari e i presidenti in uniforme che chiedevano armi. Il verde oliva iniziò a sostituire il bianco, le armi presero il posto del dialogo e la parola guerra è di nuovo sulla bocca dei nostri ragazzi come la più naturale delle cose sotto questo cielo. Vi do la mia pace, non come la dà il mondo. Perché il mondo, quando parla di pace, in realtà pensa alla guerra.

Gv 14,27-31 disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».

Venti

Tra venti giorni sarà Pentecoste. Siamo pronti? Mai lo saremo, mai a sufficienza. Chi dunque è pronto? Chi desidera lo Spirito è pronto. Abbiamo bisogno dello Spirito, della forza di Dio che ci spiega ogni cosa e ci ricorda le parole di Gesù. Tu senti presente Gesù?, mi chiedevano un’amica e suo marito qualche giorno fa, mentre salivo in macchina. E già queste domande sono frutto dello Spirito, che soffia in ogni momento ed ogni luogo, trasformando un parcheggio in tempio. Chissà cosa sarebbero le nostre giornate se avessimo lo Spirito!

Gv 14,21-26 Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».