Pentecoste

Lo Spirito, questo sconosciuto. L’invisibile forza di Dio che ci avvolge e ci guida. La luce che rischiara l’animo di chi segue Gesù.

Atti 2,1-11 Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

Molte altre cose

Così si chiude il vangelo di Giovanni. Pietro e Gesù risorto sono sulla riva del lago e parlano. Gesù conclude: che ti importa? tu seguimi! Lasciali dire, tu seguimi. Non tutti possono capire, tu seguimi. Non tutti vogliono essere salvati, tu seguimi. Non dimenticare che sei un uomo, non trascurare il silenzio e il riposo, seguimi. Poi l’evangelista annota: Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere. Allora lo scriveremo nella nostra memoria. Scriveremo tutte le cose compiute da Gesù nella nostra vita, le grazie che ci ha donato, i dialoghi che abbiamo avuto, l’ascolto che ci ha offerto. Quando saremo stanchi e soli, apriremo quel vangelo di memorie, e la pace tornerà nei nostri cuori. Sorridendoci con complicità ci dirà ancora una volta: Che ti importa? Tu seguimi!

Gv 21,20-25 Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Mi ami?

Hai altri amori nel cuore o solo me? Mi ami tu più di costoro? Gesù certo non sta chiedendo a Pietro se lo ami più della moglie. Sarebbe stato come minimo di cattivo gusto e soprattutto non da lui. La domanda è sulla scelta profonda di vita: mi ami davvero? Ti vedo incerto nel rispondere e cambio la domanda: Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene? Mi ami o mi vuoi bene? Sono importante per te o sono tutto? C’è qualcosa che si frappone tra noi o nulla può allontanarci? Hai sempre un buon motivo per rinviarmi a domani o, costi quello che costi, mi dai il tuo tempo ogni giorno? Perché poi è così, poche storie. Si dà tempo per ciò che si ama. Ciò che conta meno, ha meno attenzioni.

Gv 21,15-19 Quando si fu manifestato ai discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore».
Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Una cosa sola

Continua il dialogo di Gesù col Padre. Continua la sua preghiera e questa volta cita direttamente noi, cita te che stai leggendo questa pagina di Vangelo. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola. Non prega genericamente, chiede nello specifico. Chiede l’unità delle nostre anime: siano una cosa sola, siano perfetti nell’unità. Non sta certo alludendo all’andarsene in giro vestiti identici o a pregare con identiche formule cantando identici inni. Gesù viveva in una società semplice e piccola, ma già multiculturale, in cui si parlavano almeno tre lingue in tre differenti alfabeti: ebraico, latino e greco. L’unità è d’anima, è di intenti, è d’amore. L’unità è nella preghiera reciproca, ispirata dallo Spirito, rivolta al Padre nel nome di Gesù, con Gesù. Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. Io in loro e tu Padre in me, perfetti nell’unità.

Gv 17, 20-26 Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

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Ci sei

È bellissimo sapersi pensati, protetti, custoditi dal Maligno. Non genericamente dai mali, ma dalla forza del Male. L’energia maligna che ogni giorno miete vittime di depressione e pessimismo, spegnendo sorrisi e sogni anche sui volti più giovani. L’energia del male che fa credere ostinatamente nell’uso della forza per risolvere i problemi, che fa vegliare in attesa della vendetta come medicina alle ferite. Avessimo pari fede e speranza nell’amore di Dio, il mondo sarebbe già tutto un sole. Ti diciamo grazie, Maestro, perché la tua ultima preghiera in terra al Padre fu per noi. Lo è tuttora. Questa tua costante preghiera e preoccupazione per noi ci fa sentire amati e mai soli.

Gv 17,11-19 Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:
«Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi.
Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

Io e te

Ora sappiamo come pregava Gesù, come parlava al Padre, come gli parlava di noi. Queste parole Gesù le pronuncia a cena, dopo aver lavato i piedi ai dodici e prima del suo arresto. Possiamo immaginare che Giovanni le udì, seduto al fianco di Gesù, ma di certo non prese appunti e forse non comprese tutto. Noi stessi, pur leggendo e rileggendo, non capiamo mai del tutto. Fu nei quaranta giorni dopo la resurrezione fino all’ascensione, e poi negli anni seguenti alla Pentecoste, che la memoria affiorò, quando lo Spirito ricordò ogni cosa. Ed affiorando la memoria, il pensiero scese in profondità. Gli apostoli presero sempre più coscienza di chi fosse Gesù, del rapporto che aveva con Dio che lui chiamava Padre. E annunciarono e scrissero queste parole, che noi oggi leggiamo con attenzione.

Gv 17,1-11 Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

Soli

Siamo sempre soli ad affrontare le raffiche della vita. Anche quando viviamo con persone amate, una parte di noi è sola. Anche lo sposo è solo davanti alla sua sposa, e lei è sola di fronte a lui. Eppure è anche vero che non siamo mai così tanto soli da essere totalmente soli. Chi fu più solo di Gesù? Quante volte fu lasciato solo dai suoi, che se ne andavano ognuno per conto suo. Non solo quando lo abbandonarono nel Getsemani, ma ogni volta che lo lasciavano solo con i suoi pensieri, che non lo seguivano nei suoi ragionamenti e nei suoi sogni di un mondo più giusto. Mi lascerete solo, ma io non sono solo perché il Padre è con me. Certo, l’esperienza della presenza di Dio e di Gesù nella nostra vita è da coltivare e ricercare. Allora avremo pace in lui, perché non saremo mai del tutto soli.

Gv 16,29-33 dissero i discepoli a Gesù: «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

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Ascensione

Un giorno decisivo per Gesù e soprattutto per la Chiesa. Il giorno in cui si staccò da loro e fu assunto in cielo. Da quel momento il risorto cessò di vederli, di mangiare con loro, di raggiungerli materializzandosi lì dove erano.

Mt 28,16-20 Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Dialogo

Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Quando si entra in dialogo con Dio Padre e con Gesù e si constata che rispondono, una gioia profonda ci rasserena il cuore. Non è questione di usare Dio come una bacchetta magica, ma di dialogare costantemente dandogli occasione per farsi sentire vivo. Allora la vita scorre più bella, come l’acqua di un ruscello che si gusta la bellezza e la riflette.

Gv 16,23-28 disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».

Eppure

È un grande mistero ed è pure difficile da accettare. Sono cose che vanno dette in punta di piedi e soprattutto non vanno dette ad altri: ognuno parli per sé. Se ci volgiamo indietro, a guardare il tratto di vita percorso, probabilmente lo notiamo. Vediamo cioè che i grandi momenti di crescita, di maturazione, a volte dei veri e propri passaggi di radicale cambiamento, sono sempre avvenuti dopo l’incontro con la sofferenza. Fisica o psicologica o crisi interiore d’animo, ma sempre sofferenza nostra o di altri: malattia, povertà, ingiustizia, abbandoni. Non c’è da augurarla a nessuno né da cercarla. C’è da starci dentro e viverla, sapendo che passerà, sperando che passi in fretta, credendo che si tratti di un soffrire particolare, quello del parto. Dopo, il cuore si rallegrerà per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Per la gioia che siamo diventati più umani.

Gv 16,20-23 disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla».

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